Al popolo oppresso e sofferente, che camminava nelle tenebre, apparve “una grande luce”. Sì, una luce davvero “grande”, perché quella che s’irradia dall’umiltà del presepe è la luce della nuova creazione. Se la prima creazione cominciò con la luce (cfr Gn 1,3), tanto più fulgida e “grande” è la luce che dà inizio alla nuova creazione: è Dio stesso fatto uomo! Il Natale è evento di luce, è la festa della luce: nel Bambino di Betlemme la luce originaria torna a risplendere nel cielo dell’umanità e squarcia le nubi del peccato. Il fulgore del trionfo definitivo di Dio appare all’orizzonte della storia per proporre agli uomini in cammino un nuovo futuro di speranza.

(Giovanni Paolo II 24 dicembre 2001)

Nell’angusta povertà del presepe contempliamo “un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Nell’inerme e fragile neonato, che vagisce fra le braccia di Maria, “è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini” (Tt 2,11). Sostiamo in silenzio e adoriamo! O Bambino, che hai voluto avere per culla una mangiatoia; o Creatore dell’universo, che Ti sei spogliato della gloria divina; o nostro Redentore, che hai offerto il tuo corpo inerme come sacrificio per la salvezza dell’umanità! Il fulgore della tua nascita illumini la notte del mondo. La potenza del tuo messaggio d’amore distrugga le orgogliose insidie del maligno. Il dono della tua vita ci faccia comprendere sempre più quanto vale la vita di ogni essere umano. Troppo sangue scorre ancora sulla terra! Troppa violenza e troppi conflitti turbano la serena convivenza delle nazioni! Tu vieni a portarci la pace. Tu sei la nostra pace! Tu solo puoi fare di noi “un popolo puro” che ti appartenga per sempre, un popolo “zelante nelle opere buone” (Tt 2,14). 

(Giovanni Paolo II 24 dicembre 2003)

Perché Dio si è fatto uomo? Come è possibile che Dio sia diventato uomo? Così si chiedono i secoli e le generazioni. E molti si allontanano con questa domanda sulle labbra, si allontanano increduli. A volte con una comprensibile indignazione, con una obiezione riguardo a un evento che trascende la loro mente. È inconcepibile che Dio sia Padre e Figlio . . . È inconcepibile che Egli diventi uomo . . . È un mistero difficile e inscrutabile come quello dell’unità e trinità di Dio. Noi tuttavia, credendo alla onnipotenza di Dio, sappiamo che niente gli è impossibile. Dio è onnipotenza. Ma soprattutto è Amore. Nulla è impossibile all’onnipotenza, che è Amore. E proprio questo crediamo: “per noi e per la nostra salvezza . . . si è fatto uomo”. Per noi vuol dire: per amore verso di noi. Quando ci inginocchiamo durante la liturgia del Natale pronunciando le suddette parole del Credo, diventiamo simili ai pastori di Betlemme. Loro per primi si sono trovati nel raggio di questo mistero, che illumina le tenebre della storia dell’uomo sulla terra.

(Giovanni Paolo II 24 dicembre 1985)

Il Natale costituisce l’occasione privilegiata per sottolineare uno dei valori cristiani più sentiti. Con la nascita di Gesù, nella semplicità e nella povertà di Betlemme, Dio ha ridato dignità all’esistenza d’ogni essere umano; ha offerto a tutti la possibilità di partecipare alla sua stessa vita divina. Possa questo dono incommensurabile trovare sempre cuori pronti a riceverlo! 

(Giovanni Paolo II 11 dicembre 2003)

 

Gesù Cristo è la rivelazione più piena e definitiva dell’avvento di Dio nella storia dell’umanità e nella storia di ogni uomo. Di ciascuno di noi. E in lui, nella sua venuta, nella sua nascita nella stalla di Betlemme, poi in tutta la sua vita ed insegnamento, infine nella sua croce e nella sua risurrezione, siamo chiamati, tutti e ciascuno di noi, in modo definitivo alla “vigna”. Egli, che è pienezza dell’avvento di Dio, è anche pienezza della chiamata divina rivolta all’uomo. In lui Dio sembra dire a ciascuno di noi: “non tardare”!           (Giovanni Paolo II 18 dicembre 1979)

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